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Paer verso il 1809
Paer verso il 1809

La prima parmigiana e il successo di Agnese


Durante l'estate del 1809, beneficiando dei mesi di congedo stabiliti dal suo contratto con la corte imperiale parigina, Ferdinando Paer partì alla volta di Parma, per recare visita alla madre. Tra le tante manifestazioni d'affetto e d'ammirazione tributategli dai suoi concittadini, egli ricevette anche l'invito da parte del conte Fabio Scotti a comporre una nuova opera per l'inaugurazione del nuovo teatrino privato che il conte aveva fatto costruire nella sua villa al Ponte Dattaro, fuori Parma.

L'opera era l'Agnese, su libretto di Luigi Buonavoglia tratto dalla novella inglese di Amalia Opie The Father and the Daughter (1801) adattata per le scene italiane nel 1802 da Filippo Casari, che Paer compose in brevissimo tempo - la «Allgemeine musikalische Zeitung» scrive in tre settimane appena - per una piccola compagnia di dilettanti membri dell'aristocrazia parmigiana.
Lo stesso Paer, eccellente cantante, sarebbe dovuto salire sul palcoscenico per interpretare il ruolo di Uberto. Il compositore quindi scrisse la parte basso-baritonale di Uberto per sé, ma non poté cantarla alla prima dell'opera perché dovette far rientro a Parigi, dove lo richiamavano i suoi compiti a corte come direttore e compositore della musica privata di Napoleone. Finalmente il 3 ottobre 1809, quando ormai Paer era rientrato in Francia, Agnese andò in scena per la prima volta al teatro Scotti riscuotendo subito grande successo.

La particolarità dell'argomento, che sfrutta il tema della follia e quello dell'amore padre-figlia, fa di Agnese un'opera di alto contenuto drammaturgico e anticipatrice di un genere di successo nel teatro musicale dell'Ottocento, in cui si inseriscono ad esempio anche La gazza ladra e più tardi Luisa Miller; inoltre, è nota la fortuna di cui ha goduto il tema della follia nel melodramma italiano ottocentesco: sulle orme della Nina paisielliana, Agnese, come in seguito Il pirata, I puritani, Lucia di Lammermoor, e per certi versi anche Nabucco e Macbeth, contiene delle scene di follia, dove il “pazzo” però non è il soprano, bensì il padre Uberto (basso), che è impazzito perché crede morta la figlia Agnese.

Agnese fu senza dubbio l'opera di maggior successo e diffusione di Paer, più ancora di Camilla (1799), Sargino (1803) e Leonora (1804), che vennero rappresentati solo fino agli anni '20-'30 dell'Ottocento e in prevalenza nei teatri tedeschi e italiani. Agnese, invece, venne allestita nei maggiori teatri del mondo (in Italia - alla Scala di Milano, nel settembre del 1814, alla presenza dell'autore, l'opera fece furore, e successivamente riempì il teatro per più di cinquanta sere superando le rappresentazioni del Don Giovanni che si dava nella stessa stagione -, in Germania e Austria, a Londra (1817), a Parigi (1819), a Varsavia (1830), dove impressionò il giovane Chopin, e ancora a Mosca, San Pietroburgo, Santiago del Cile, Città del Messico) fino agli anni '40 dell'Ottocento. Anche le numerosissime recensioni della critica ottocentesca e la quantità sterminata di fonti sparse in tutto il mondo ne testimoniano il successo e la diffusione internazionali.

Le rappresentazioni parigine del 1819 / 1824

Particolarmente interessanti sono gli allestimenti parigini di Agnese dei primi anni '20 dell'Ottocento. Al Théâtre Italien della capitale francese, uno dei più prestigiosi teatri d'opera italiana al mondo, fu lo stesso Paer a curarne gli allestimenti in veste di direttore musicale del teatro. Il 24 luglio 1819 ebbe luogo la prima parigina. La serata fu memorabile e il successo pieno. Per l'occasione vennero scritturati alcuni fra i maggiori cantanti allora in circolazione: Joséphine Mainvielle-Fodor, che interpretò Agnese, il tenore Marco Bordogni, nel ruolo di Ernesto, e soprattutto il basso Felice Pellegrini, cui venne affidata la parte del protagonista maschile, Uberto. Al Théâtre Italien, finché Paer ne fu il direttore musicale, Agnese venne ripresa nel 1820-21 e ancora nel gennaio 1824: anche quest'ultimo allestimento fu un vero avvenimento, perché alle rappresentazioni prese parte Giuditta Pasta, che allora debuttava all'Italien nel ruolo di Agnese. La critica parigina fu unanime nel riconoscere l'eccellente equilibrio drammaturgico dell'azione nonché l'ottima fattura e l'intensa espressività della musica. Le uniche riserve dei critici riguardavano l'opportunità di mettere in scena in maniera così realistica i momenti di follia di Uberto, in quanto, a loro modo di vedere, essi potevano suscitare addirittura orrore e disgusto in un pubblico particolarmente sensibile. Significativo, in questo senso, fu il commento di Stendhal, che nella sua Vie de Rossini scrisse:
L'Agnese ne me paraît pas du même rang [di Griselda e Sargino]; elle doit son succès européen à la facilité qu'il y a d'imiter d'une manière effrayante les fous, que personne ne se soucie d'aller étudier avec trop de détails dans les retraites affreuses où les place la pitié publique. L'âme ébranlée par le spectacle horrible d'un père devenu fou parce que sa fille l'a abandonné, s'ouvre facilement aux impressions de la musique. [...] Ce succès ne m'empêche pas de croire que les beaux-arts ne doivent jamais s'emparer des sujets horribles. [...] rien ne rend supportable pour moi l'état affreux où se trouve le père de l'Agnese. La musique centuplant ma sensibilité, me rend cette scène horrible tout à fait insupportable. L'Agnese fait pour moi souvenir désagréable, et d'autant plus désagréable que le sujet est plus vrai. C'est comme la mort: on fera toujours peur aux hommes en leur parlant de la mort; mais leur en parler sera toujours une sottise ou un calcul de prêtre. Puisque la mort est inévitable, oublions-la.
L'opera vantò dunque un grande successo in quegli anni esercitando un influsso duraturo sulla nuova generazione di operisti e suscitando l'attenzione dei più importanti critici e musicisti dell'epoca, quali Castil-Blaze, Fétis e Berlioz.

Rimaneggiamenti parigini

Per gli allestimenti al Théâtre Italien dei primi anni '20, Paer rielaborò l'opera introducendo alcuni nuovi brani nell'atto II allo scopo di migliorarne l'efficacia drammaturgica. Questa musica nuova, finora sconosciuta, è ora riemersa grazie alle nostre ricerche. Composta durante l'epoca dei grandi successi di Rossini, essa è estremamente interessante in quanto mostra il rinnovamento stilistico di Paer sotto l'influsso dei capolavori del Pesarese: in particolare, la nuova aria «Da te solo, o Ciel clemente» scritta per Joséphine Mainvielle-Fodor (1819) e il nuovo duetto «L'amato padre mio» composto per Giuditta Pasta (1824), oltre ad essere di altissima qualità, possiedono ormai la forma, la brillantezza orchestrale e soprattutto l'incisività drammatica dei pezzi omologhi delle opere di Rossini.




Ferdinando Paer
Parma, 1 luglio 1771 Parigi, 3 maggio 1839
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